Quella casa nel bosco
I suoni della foresta di notte mi rendono tesa come una corda di violino. Chi pensa che Los Angeles sia rumorosa, dovrebbe passare la notte appostata in una foresta del Nordovest, ve lo dico io.
Ma forse è solo una questione di prospettive: forse è solo che le orecchie, abituatesi come sono al silenzio, cominciano a percepire tutti i rumori di sottofondo che il nostro cervello, normalmente, filtra. Forse hanno semplicemente ragione quelli che dicono che Los Angeles è una città del cazzo, invivibile. Ripensandoci, hanno dannatamente ragione loro.
Dopo aver lasciato la pompa di benzina, sono passata da casa della nonna. Ho recuperato la sacca con dentro l’“equipaggiamento da cacciatrice”. Sono tornata al distributore, ho attivato la mia Seconda Vista e l’ho trovata lì, davanti a me: la pista lasciata da Jake Ferrell. Una specie di scia di fumo vagamente virata verso il cremisi. È il mio segno distintivo: è così che riesco a seguire i mostri, a dargli la caccia.
Ho seguito la traccia a piedi. Lungo la strada asfaltata, poi nello sterrato, fino a ritrovare il suo furgone parcheggiato nella natura selvaggia. Ho camminato nel fitto del bosco per un altro po’, ed eccomi qui: davanti alla catapecchia che Ferrell dovrebbe chiamare casa.
Con l’oscurità, dalla stamberga ha cominciato anche a venire un filo di luce. Suoni: nessuno. Il che non fa che aumentare la mia inquietudine. Gli unici rumori che sento sono quelli della foresta, assillanti e irreprimibili.
A un certo punto, comincio a sentire un prurito alla base della nuca, come se ci fosse qualcosa fuori posto. E poi la sento, sempre la loro voce, quella dei Messaggeri: Dietro di te! Mi giro d’istinto e, nonostante sia buio pesto, lo vedo: la sua figura torreggia su di me. Quei capelli lunghi e unti, quel ghigno malefico, quei vestiti che pregano di essere gettati un una lavatrice, quegli occhi iniettati di sangue.
La sua mano scatta verso di me all’improvviso. Sento un rumore tagliente e poi una sensazione di caldo umido nel mio ventre. Ho appena il tempo per abbassare i miei occhi e comincio a sentire un grande freddo. Vedo la sua mano artigliata che entra dentro di me. Un lago di sangue si allarga sulla mia maglietta violata. Le gambe mi tremano e mi cedono. Ora sono per terra con un rumore sordo e i miei occhi, stanchi e morituri, cominciano a chiudersi per il peso delle palpebre.
Sentiste che silenzio c’è ora.
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